Palazzo dell’Università e Torre Civica

Siamo in Piazza del Plebiscito, nell’area in cui si affacciano alcuni tra i più insigni monumenti cittadini del Settecento: la scenografica facciata della Basilica di San Martino, il raffinato prospetto di Palazzo dell’Università e la slanciata Torre Civica.

La svolta barocca in questa piazza fu segnata da Ambrogio Fanelli (proprietario di palazzo Fanelli in via Cavour) che nel 1734, rivestendo il ruolo di sindaco, avviò la costruzione della torre campanaria con l’intento che le campane suonassero ogni ora e ogni quarto d’ora.

La torre a pianta quadrata si eleva su quattro livelli, ognuno con caratteristiche architettoniche e decorative diverse. Il piano terra è delimitato da colonne rotondeggianti agli spigoli e sulla sua facciata trova sistemazione la meridiana indicante il valore della latitudine della città (40°42’18’’). Segue il primo piano, contenuto da una coppia di paraste con al centro un balconcino con timpano spezzato e curvo con decorazioni vegetali. Sulla trabeazione, sotto al timpano, compare un’iscrizione latina che ricorda il nome del sindaco, artefice dell’opera: DS AMBROSIUS FANELLI / SYNDICUS EREXIT, (Il Signor Ambrogio Fanelli / sindaco eresse). Il penultimo piano, più basso rispetto agli altri, ma pur sempre delimitato da coppie di paraste con capitelli a volute invertite, si connota per la sistemazione dell’orologio rotondo. Anche qui ci sono delle iscrizioni latine che puntualizzano la data di fondazione e la filosofia del monumento. L’iscrizione inizia nella parte superiore dell’orologio, qui si legge: INDICIT PRO ITINERE, e poi segue nella pergamena sottostante con: ADPENDENS AD MENSURAM / EXACTUM HUMANAE VITAE/ COMPENDIUM / ANNO DNI. 1734, (L’orologio scandisce il tempo per il viaggio. Collocato per la misura, esso è compendio preciso della vita umana. Nell’anno del Signore 1734). E infine sull’ultimo piano svetta la torretta traforata da quattro fornici con ghiera in bugnato appoggiata a coppie di semplici paraste.

La torre, completamente realizzata in pietra locale, ben si integra con l’adiacente Palazzo dell’Università del quale segue perfettamente la ripartizione orizzontale attraverso il marcapiano e suggerisce la scansione verticale delle campate. Ad angolo, lungo la cosiddetta strettola (via stretta), che conduce alla Confraternita dell’Immacolata dei Nobili, si colloca una porticina che sul timpano reca il simbolo del giglio dei francesi. Questa era l’antica dimora del Capitano. Il Capitano era un dottore in legge, che oltre ad amministrare l’attività giudiziaria locale si occupava di supervisore sulle decisioni amministrative dell’Università. La durata della carica del Capitano era di un anno e proveniva dai paesi limitrofi per evitare conflitti di interesse. Tale istituzione durò fino al 1806. A distanza di secoli ancora si suole indicare questo vicolo (oggi via Adolfo Ancona) come la strettola del Capitano.

Palazzo dell’Università

Affianco alla Torre Civica si sviluppa Palazzo dell’Università, intenso come sede del parlamento locale. Nel periodo medievale era detto università l’insieme di tutti i cittadini, con parità di diritti e senza distinzioni sociali, che si riunivano in assemblea per affrontare i problemi di interesse pubblico. Si trattava di una fondamentale istituzione politica che nel 1478 Ferdinando d’Aragona, re di Napoli, concedeva a Martina per garantire un’equa amministrazione delle risorse della città La prima sede del Palazzo dell’Università, collocata nello stesso sito, fu danneggiata dal terremoto del 1743 e perciò sotto l’egida del sindaco Domenico Maria Desiati, nel 1759, si avviò la costruzione dell’attuale palazzo settecentesco. L’opera fu portata a termine del 1761, quando era sindaco Donato Maria Casavola. Nozioni chiaramente leggibili sull’iscrizione posta sul balcone del primo piano. Nel Settecento, in realtà, furono realizzati i primi due livelli, mentre il piano superiore, più basso in altezza rispetto agli altri, fu aggiunto nel 1827 e destinato ad ospitare le carceri.

La facciata è divisa in cinque campate precisamente evidenziate da paraste in pietra. Il portale di ingresso, non centrale rispetto al prospetto, si colloca nella campata più stretta ed è contornato da una coppia di paraste con capitelli a volute inverse. Segue in alto un balconcino evidenziato anch’esso da una coppia di paraste questa volta con capitello dorico. Sotto il timpano curvo di questo balconcino trovano spazio il bassorilievo del cavallo, simbolo della città, e il cartiglio esplicativo sulla fondazione del palazzo. I timpani dei balconcini posizionati a destra e a sinistra del portale di ingresso riportano la stessa decorazione, ossia di un frontone smussato con al centro uno scudo, invece completamente diversa è la decorazione dei frontoni della quarta e quinta campata, sinonimo questo di un ripensamento del progetto originario o di aggiunte successive. Infatti, se si osserva attentamente la quarta campata ha le stesse dimensioni della Torre Civica e ripropone gli stessi elementi decorativi e strutturali; come ad esempio le colonne rotondeggianti agli spigoli del piano terra, le doppie paraste al primo piano e lo stesso timpano decorato a coronamento del balconcino. Inoltre il prospetto è leggermente più sporgente, come la stessa torre. Tutte queste affinità fanno supporre che forse l’intento progettuale in origine era quello di costruire un Palazzo dell’Università fra due torri identiche, ma alla fine se n’è realizzata solo una, quella di sinistra. E infine completamente diverse dalle altre si presenta la quinta campata, segno evidente di un edificio aggiunto in un secondo momento. Palazzo dell’Università ha ospitato gli amministratori locali fino all’inizio del Novecento, poi il potere locale si trasferì in Palazzo Ducale, divenendo a tutti gli effetti il Palazzo del Comune.

Attualmente il Palazzo dell’Università è occupato dalla Società Artigiana, associazione di mutuo soccorso di ispirazione mazziniana, fondata nel 1888 da Paolo Grassi e Raffaele Casavola. La Società Artigiana nacque in seguito ad alcuni dissidi interni dalla Società Operaia (via Garibaldi) e che comportò la scissione in due fazioni ben distinte. Inoltre fra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento lo scontro fra le due società ebbe anche risvolti da un punto di vista politico, infatti gli aderenti alla Società Artigiana si schierarono con i pipistrelli, liberali conservatori, avversi ai crumiri, liberali progressisti, della Società Operaia.

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