Masseria Luco

La masseria Luco è considerata fra le masserie più suggestive della Puglia.

Si erge signorile ed elegante in mezzo ad un’oasi verdeggiante in cui il tempo sembra averla consacrata all’eternità. Un’eternità degna solo delle grandi dimore storiche; come i castelli, le cattedrali e le case nobiliare. Eppure siamo in aperta campagna, su una delle colline più amene della Puglia, fra l’elegante e raffinato barocco di Martina Franca e la semplicità candeggiante di Locorotondo. Qui l’eterna semplicità e la grandiosa grandezza fanno della masseria Luco un emblema dell’architettura rurale pugliese che nulla ha da invidiare ai tanti palazzotti signorili cittadini sia in termini di pregio che di ricercatezza artistica.

Il singolare nome Luco rimane di origine abbastanza incerta, ma nello stesso tempo si giustificherebbe come identificazione di una località denominata Lugo che nel corso del tempo si sia mutato per assonanza in Luco. La struttura nasce da un’aggregazione armoniosa e compatta di trulli e di tetti a pignon che hanno dato vita ad un’interconnessione molto fruibile dei diversi volumi.

Il complesso vanta ben 12 coni e 3 ambienti coperti dal pignon oltre ad un elegante palazzotto signorile sul lato opposto. In realtà resta un ibrido fra la tipologia ad L che caratterizza la zona dei trulli e la classica chiusura dello spazio all’interno di una corte di fronte alla casa padronale. Una combinazione variegata di spazi giustificata dalle trasformazioni che l’intero complesso ha subito nel corso dei secoli. La parte più antica è costituita dai trulli, un tempo destinata all’area servizi (stalle, ricoveri attrezzi e deposito), e ora perfettamente restaurata come zona residenziale.

Adiacente a questa area, con ingresso sul lato esterno, in corrispondenza di un’immensa aia, si collocano due chiesette: Madonna della Pace e Cristo Redentore. Sul lato opposta invece si staglia la dimora padronale. Un’ elegante facciata solcata da protiro che incornicia il portale di ingresso.

Le prime trasformazioni della struttura furono avviate nel Settecento, segno evidente è il portalino rococò che garantisce l’accesso. Poi nell’Ottocento, e precisamente nel 1875, come ricorda l’incisone sul portalino la facciata fu restaurata, assumendo l’attuale facies. In alto svetta un esile campanile a vela, con ai lati le effigie lapidee di san Cristoforo (sinistra) e dell’Immacolata (destra). L’ultima modifica dell’edificio si registra nel 1936, aggiungendo sulla destra un ulteriore locale destinato a fungere da rimessa o da cantina. Anche in questo caso il passaggio storico è evidenziato da un’iscrizione epigrafica sottostante l’edicola votiva che testualmente dice “Virtute ed merito A D MCMXXXVI“.

La masseria Luco possiede due chiesette intercomunicati. La prima, la più antica risalente al XVIII secolo è dedicata alla Madonna della Pace, la seconda, edificata nel XIX secolo, invece è intitolata al Cristo Redentore.

L’intitolazione della prima chiesetta, Madonna della Pace, si ricava da una lapide affissa all’interno del muro di recinzione del piccolo sagrato solcato in maniera originale da un campanile a vela. Qui si riporta la data 1773, data che compare anche sulla campana. Poi nel 1806 la chiesetta fu intitolata alla Madonna del Carmelo come si deduce da una seconda lapide collocata al suo interno.

La chiesetta si frappone fra la chiesa di Cristo Redentore sulla destra e la sacrestia, coeva di quest’ultima,sulla sinistra. La facciata della chiesa Madonna della Pace è sormontata da una cuspide con in cima una croce e due fiaccoloni geometrici ai lati. L’ingresso è segnato da un portalino sulla cui trabeazione compare la seguente epigrafe: “LOCUS ISTE NON EST ALIUD NISI / DOMUS DEI ET PORTA COELI”. Sopra la trabeazione si apre una finestra mistilinea e una graziosa edicola baroccheggiante che incornicia un dipinto non riconoscibile. Sul cartiglio dell’edicola e su una targa in pietra, quasi al limite del vertice del timpano, è riportata la seguente scritta in greco: “ΈΝ ΤΟ ΥΤΩΙ ΝΙΚΑ” (Con questo segno vinci).

Affianco alla chiesa c’è un locale parallelepipedo costruito fra il 1911 e il 1913 e destinato ad accogliere la sacrestia. Si distingue esternamente per la collocazione laterale sul terrazzo di un arioso campanile a vela e per due grandi vasi di fiori, quasi fossero dei fiaccoloni, disposti sulle estremità. Questi furono scolpiti da Eugenio Lenoci (padre dell’editore Guido Lenoci).

L’interno, ad una sola aula rettangolare, è voltato a botte e si contraddistingue per il raffinato altare addossato alla parete, finemente intagliato in pietra e venato con tempera per creare il finto effetto marmoreo. L’ancona dell’altare accoglie una tempera del 1806, attribuita agli allievi del Domenico Carella e riproducente la Vergine del Carmelo. Anche l’intradosso della volta è decorato da tempere della medesima fattura che riproduce santa Barbara in gloria che sorregge una città in miniatura e l’Assunzione.
Sulla parete sinistra in una teca di legno si custodisce una statua in legno e carta pesta della Madonna del Carmelo.

La seconda chiesetta della masseria Luco è dedicata a Cristo Redentore, è intercomunicante con la prima chiesetta della Madonna della Pace. Questo secondo luogo di culto fu costruito nel 1919 da un antico proprietario della masseria, Francesco Paolo Basile, come chiaramente riporta una lapide in marmo posta all’ingresso della chiesa.

L’interno, con volta a padiglione, è completamente decorato a tempera con soggetti religiosi circondati da elementi decorativi vegetali; come ghirlande, e serti floreali. L’area presbiteriale si distingue per l’altare marmoreo impreziosito da intagli e da tre cherubini collocati sul tabernacolo. Sulla parete domina la tela dell’Ultima cena, un’opera prettamente devozionale che per la stesura dei colori e l’impostazione intimistica ricorda molto la maniera dei preraffaelliti. I protagonisti del dipinto, in un ambiente soffuso, sono disposti lungo un tavolo rettangolare in una stanza prospettica che sul pavimento riporta in maniera molto didattica i nomi degli apostoli. Sempre nell’area a ridosso del presbiterio troviamo la tempera dell’Annunciazione, il battesimo di Cristo e l’immagine di san Francesco da Paolo, santo onomastico del committente. La volta è interamente affrescata. L’intradosso riporta l’Apparizione del vessillo della Croce all’imperatore Costantino. Nell’atmosfera concitata dell’accampamento militare l’imperatore e i suoi legionari guardano attoniti verso il cielo dove campeggia la croce sorretta dagli angeli e il motto “IN HOC SIGNO VINCE”.

A metà dei quattro lati, in dei medaglioni rotondeggianti, compaiono le figure allegoriche dei Quattro evangelisti. Invece nelle velette della volta si dà spazio ad episodi dell’antico testamento per giunta identificati con le didascalie. Si intravede chiaramente Giona gettato nel mare, Giona che predica a Ninive, Mosè che contempla la terra promessa e Mosè che consegna le leggi ai sacerdoti.

Sulle pareti laterali ci sono altri tre dipinti. Per l’esattezza sulla parete di destra è raffigurato sant’Eligio, su quella di fronte all’altare maggiore c’è sant’Elena e infine sulla parete di sinistra san Francesco d’Assisi.
Completano il patrimonio artistico due sculture in carta pesta: il cuore di Gesù di provenienza leccese e una statuetta più piccola raffigurante Gesù nell’orto degli ulivi.

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