Chiesa di San Francesco da Paola

L’Ordine dei Minimi, più noto come Ordine dei Paolotti, giunse a Martina nel 1608. In un primo tempo si stanziò presso la cappella di Santa Maria di Misericordia (la chiesa esistente prima della ricostruzione barocca della chiesa del Carmine), poi in seguito i frati preferirono trasferirsi presso un’altra antica cappella cinquecentesca dedicata alla Madonna di Costantinopoli, molto distante dal centro storico e collocata nel sito dove attualmente, si trova la Chiesa di San Francesco da Paola.

Nel 1608 i frati procedettero ad abbattere l’antica cappella preesistente per dare spazio ad una nuova chiesa con annesso convento, ma vollero comunque preservare il culto della Madonna di Costantinopoli e perciò nella nuova chiesa costruirono un altare barocco dedicandolo alla Madonna. Oggi, infatti, si trova in fondo a sinistra lateralmente al presbiterio. La chiesa fu costruita grazie alle elemosine di molti devoti, oltre che ad una cospicua donazione fatta dal Gianbattista De Leonardis, un facoltoso martinese, e ad contributo personale del duca Petracone V per la nascita nel 1664 di sua figlia (futura suor Maria Rosa). La chiesa fu terminata nel 1618 e il convento, in seguito a diversi mutamenti, nel 1668. A chiusura dei lavori ci fu una solenne celebrazione e l’Università battezzò San Francesco da Paola protettore secondario della città.
La facciata è molto semplice, ha una dimensione rettangolare e presenta tre aperture. Quella centrale è provvista di un bel portale con due colonne binate (fusto ottagonale e fusto tortile), montate su due plinti alti e reggenti un timpano spezzato che incornicia lo stemma dell’ordine. Una semplice decorazione floreale, di stampo pre-barocca, avvolge il portale, molto simile a quello di Palazzo Marino-Motolese (via Arco Casavola). In corrispondenza dei tre ingressi, nella parte sommitale della facciata, si aprono tre finestre ottagonali con cornice in pietra, coeve alla costruzione dell’edificio. Le altre due laterali a forma rettangolare furono aggiunte in un secondo momento per migliorare l’illuminazione all’interno.
La facciata in alto è coronata da una cornice dentellata caratterizzata dall’alternanza di elementi naturali; quali foglie di acanto, fiori e girali. Sul profilo si distingue una croce litica, montata su un piedistallo con due girali laterali, e quattro prismi geometrici, che rappresentano il prototipo schematizzato dei classici fiaccoloni che nel Settecento tempesteranno le vette dei monumenti martinesi.
Il convento fu soppresso nel periodo napoleonico e molte opere custodite al suo interno passarono al convento dei Domenicani, come ad esempio la tela del venerabile padre Bonaventura Gaona (1598-1643). Padre Bonaventura Gaona, al secolo Pietro Gaona, era un Frate dei Minimi oriundo di Martina e morì in concetto di santità a Roma dove fu seppellito presso la Chiesa di Sant’Andrea delle Fratte.
Nella seconda metà del Novecento il convento fu sede del Seminario Minore, chiuso alcuni anni fa. All’interno del chiostro si conservano degli affreschi sulla Vita di San Francesco da Paola.

Interno della Chiesa di San Francesco da Paola

L’interno si sviluppa attorno a tre navate, delimitate dalle arcate in pietra e sorrette da possenti pilastoni quadrati, sui quali sono affisse delle bellissime tele del Settecento raffiguranti le stazioni della Passio di Gesù Cristo.
Lungo le navate laterali, a ridosso delle pareti, si collocano tre altari in pietra finemente lavorata. Iniziamo la visita dalla navata di sinistra. Qui si può ammirare il primo altare che conserva la tela settecentesca di Sant’Andrea di Avellino e a seguire l’altare con la tela della Madonna dei Sette Dolori che copre un dipinto a muro raffigurante l’Incoronazione della Vergine. L’altare successivo è dedicato a San Francesco da Paola con una statua in pietra del 1730. Nella testata della navata si colloca un altare barocco con colonne tortili, realizzato in pietra finemente lavorata secondo i modelli leccesi. La tela d’altare del XVII secolo raffigura la Madonna di Costantinopoli con il panorama di una città. Il culto della Madonna di Costantinopoli si affermò a Napoli intorno al 1529 e poi si diffuse in tutto il Meridione. La Madonna di Costantinopoli nella storia religiosa cristiana antica è considerata la protettrice delle città dalla peste. Infatti, da un punto di vista iconografico di solito la Madonna di Costantinopoli è raffigurata con una città alla base avvolta dalle fiamme, simbolo della purificazione che solo la Vergine poteva infondere contro la peste. Non si esclude che la città dipinta sotto la Madonna sia un’ipotetica visione di come poteva apparire Martina Franca nel Seicento.
L’altare maggiore fu realizzato nel Settecento, ma nella seconda metà del Novecento fu in parte smembrato. Quello che si conserva di autentico sono alcuni frammenti di tempere che si intravedono nell’area del coro. Gli stalli del coro sono separati da colonnine tortili, mentre la cattedra è sormontata da un cartiglio che al centro riporta la scritta CHARITAS. Fra il coro e l’altare maggiore si notano ai lati due possenti colonne che presumibilmente risalgono alla precedente chiesetta della Madonna di Costantinopoli.
Continuiamo la visita lungo la navata di destra. Nella testata della navata si colloca un altro altare in stile barocco, di impronta riccamente leccese, intagliato in pietra e realizzato nel 1708 da Nunzio Ledomada, del quale non si hanno notizie. Al centro si colloca la scultura di San Michele Arcangelo mentre trafigge il demonio. Segue lungo la parete di destra l’altare con la tela ad olio del Settecento raffigurante la Madonna delle Grazie, a cui è dedicato il convento, nell’atto di allattare il Bambinello. Affianco trova posto l’altare con la scultura di Cesare Penna (1607-1680), scultore leccese, raffigurante l’Ecce Homo. E infine, in prossimità dell’ingresso, si trova la pala d’altare seicentesca dell’Immacolata fra San Gioacchino e Sant’Anna con la Santa Famiglia in viaggio per l’esilio realizzata da Marcello Arnone da Contursi (attuale Contursi Terme in provincia di Salerno).
Sospeso a metà altezza lungo la navata di destra è collocato un organo settecentesco privo della parte meccanica, ma che ancora conserva intatta l’elegante cantoria rococò. Un’iscrizione dedicatoria riporta la data e il nome del maestro organaro: 1764 / MAGISTER MICHAEL SANARICA FECIT.
Sul pavimento, rifatto recentemente, sono emerse delle botole che anticamente venivano usate per la sepoltura delle famiglie nobili, mentre la botola all’ingresso era destinata a seppellire i frati.

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