Chiesa di Sant’Antonio da Padova

La chiesa con l’annesso convento fu eretta sul finire del XV secolo dai Frati Osservanti, un ordine francescano nato dopo le varie scissioni interne ai seguaci del Poverello d’Assisi. Il complesso fu intitolato a Santa Maria delle Grazie e fu edificato su un luogo fuori dalla cinta muraria e detto anticamente Santo Stefano. Sulla conferma della fondazione e intitolazione, in un cortiletto attiguo alla sacrestia, si trova un cartiglio che riporta la seguente iscrizione: SUB TUTELA / S. MARIAE GRATIARUM / A FUND. ERECTUS / A.D. 1497, (Sotto la tutela di Santa Maria delle Grazie dalle fondamenta fu eretto nell’anno del Signore 1497). Dopo appena un secolo, fra il 1594 e il 1599, il convento battezzato dal popolo Santo Stefano, dietro un’autorizzazione papale passò dalla gestione degli Osservanti ai Minori Riformati (anch’essi di ispirazione francescana). Questi ultimi vi rimassero fino alla soppressione post-unitaria del 1866. Verso la fine del XIX secolo la chiesa cambiò intestazione, assumendo quella attuale di Sant’Antonio da Padova.

Sia la chiesa che il convento, fra la fine del XV secolo e l’inizio del XVI secolo, furono costruiti in stile tardo-gotico per poi subire profonde alterazioni settecentesche e ottocentesche che hanno interessato sia l’interno che l’esterno. L’esempio più vistoso di questi rifacimenti è sicuramente la facciata della chiesa, che fu rifatta nel 1835 in stile neoclassico. La facciata è tripartita da quattro paraste che dividono le campiture in cui si aprono i tre ingressi, anticipando la stessa ripartizione all’interno. La facciata è asimmetrica, infatti, si noterà sulla sinistra un prolungamento della fabbrica, dovuto ad un ampliamento che fu eseguito solo sulla navata di sinistra nel Settecento. Su questa parete è collocata una nicchia con una Madonna e una lapide in ricordo dell’elevazione a parrocchia della chiesa nel 1959. Il portale principale è evidenziato da due coppie di colonne binate dell’ordine ionico montate su plinti alti. Il timpano è perfettamente delineato da una cornice dentellata che ne segue l’andamento triangolare. Il coronamento superiore della facciata è accentuato da una cimasa semicircolare con croce litica centrale e dai due spioventi laterali curvilinei sormontati dai quattro craste fiorite in pietra.
Sul lato destro si sviluppa il convento con ingresso autonomo. I frati francescani oltre al convento crearono anche un cimitero, nello spazio attualmente occupato dalla Villa Comunale, e si occupavano con fare caritatevole della sepoltura dei defunti. Questo stretto rapporto fra i frati e i cittadini portò nel 1570 alla nascita di un sodalizio dedicato all’Immacolata Concezione. Nella prima metà del XVIII secolo furono affrescate le pareti del chiostro da pittori rimasti anonimi. Attualmente si conservano solo gli affreschi del lato sinistro del chiostro, in parte di difficile lettura, in altri casi purtroppo gravemente danneggiati. Su alcune lunette si intravedono scene della Vita di San Francesco d’Assisi, mentre sui peducci sono riportati i volti di alcuni frati santi e beati dell’ordine. Interessante è la terza lunetta che propone i santi patroni della città: San Martino e Santa Comasia, in primo piano, e Sant’Antonio da Padova (nominato santo patrono meno importante della città nel 1531, in seguito all’intervento miracoloso durante l’assedio leggendario dei cappelletti), in alto al centro. Sullo sfondo è raffigurata la città di Martina Franca riconoscibilissima dall’Arco della Porta di Santo Stefano e dall’elevata Torre Campanaria a sinistra. Di grande interesse è anche la maestosa scultura della Madonna, databile nel XVI secolo; che si conserva in una nicchia in prossimità dell’ingresso del convento.
In fondo al porticato di destra si trova la Confraternita dell’Immacolata Concezione, che come si è detto nacque nel 1570, e fu istituzionalizzata ufficialmente come confraternita nel 1710, prendendo il nome di Confraternita dell’Immacolata degli Artieri, poiché vi aderirono moltissimi artigiani. Sotto i Frati Riformati i confratelli iniziarono la costruzione e l’abbellimento dell’attuale oratorio. La confraternita si fregia dell’aggettivo di Arciconfraternita essendo la più antica insieme alla Confraternita del Carmine.
Fra le opere artistiche di maggiore interesse custodite all’interno dell’oratorio citiamo la statua lignea scolpita nel 1693 da Nicola Fumo, artista napoletano di notevole spessore. Inoltre si conservano due tele importanti; la prima raffigura l’Immacolata Concezione fra San Gioacchino, Sant’Anna e il Bambinello, attribuibile stilisticamente a Leonardo Antonio Olivieri e la seconda, Sant’Elisabetta d’Ungheria incoronata dalla Vergine, firmata da suor Maria Gesù Martucci, talentuosa pittrice martinese del Settecento, nel 1754.
La divisa tipica della confraternita è costituita da un sacco e una mozzetta azzurra. Il giorno dell’Immacolata è la festività solenne.

Interno della Chiesa di Sant’Antonio da Padova

L’interno si presenta trinavato, separato da due file di possenti di colonne in pietra che sorreggono per lato quattro archi a sesto acuto, decorate da capitelli con foglie di acanto e teste leonine. Questi sono gli unici elementi tardo-gotici conservatisi prima dei mutamenti radicali a cui fu sottoposta la fabbrica fra il XVIII e XIX secolo. Infatti, lo spazio interno fu profondamente modificato nel Settecento con l’ampliamento solo ed esclusivo della navata di sinistra, facendo perdere la simmetria volumetrica che caratterizza prevalentemente le chiese medievali. Nell’Ottocento fu operata una trasformazione ancora più radicale dei volumi. Questo avvenimento è ricordato da un’iscrizione commemorativa, su un pilastrone fra la seconda e terza arcata, che accenna ad un restauro secondo nuove forme nel 1835. Questa nuova forma consistette nel realizzare in pietra le volte di copertura sostenute da pilastri che inglobarono l’antica struttura gotica, nel rifacimento della facciata, nella creazione di un breve ambulacro all’ingresso, nella sopraelevazione del pavimento, che finì per coprire la base originaria delle colonne, e infine, nella creazione di un’abside semicircolare, abbattendo l’arredo ligneo del Seicento.
Cambiamenti profondi che non hanno cancellato alcune iscrizioni epigrafiche collocate nell’intradosso degli archi; il terzo a sinistra e il primo a destra, che segnano le date di costruzioni di due cappelle risalenti rispettivamente al 1499 e al 1500 ad opera di facoltosi martinesi.
Iniziamo la visita partendo dalla navata sinistra. La prima opera si colloca sulla parete che introduce nella navata, questa raffigura la Deposizione, si tratta di una tela dell’Ottocento di cui l’autore è rimasto anonimo.
Nella nicchia della prima campata si trova una scultura devozionale raffigurante San Giuseppe con Bambinello. Segue nella seconda campata la scultura del Cristo Crocifisso, opera in legno policromo scolpita dal Frate Angelo Pietrafitta, originario della Calabria e molto attivo come scultore, specializzato nei crocifissi, in Puglia nella seconda metà dei Seicento.
Nella terza campata, all’interno di un altare barocco in pietra è posizionata la tela settecentesca dell’Immacolata. Nella campata successiva, all’interno di una nicchia a muro, si conserva la scultura di Santo Stefano Protomartire, opera di Stefano da Putignano, realizzata in pietra policroma nel 1518. Nell’ultima campata si trova un altare barocco in legno intarsiato, opera di Frate Giuseppe da Soleto (XVII secolo) che contemporaneamente lavorava anche presso la chiesa dei cappuccini. La scultura lignea contenuta al centro raffigura San Pasquale Baylon (XVIII secolo) ed è di provenienza salentina. Lo stesso soggetto è riprodotto sul paliotto dell’altare. Nel prolungamento della navata sulla parete si trova una tela devozionale della Madonna con Bambino, di autore anonimo del Settecento.
L’altare maggiore fu completamento rifatto nel Ottocento. Accoglie al centro la grandiosa tela della Madonna delle Grazie con Santi, firmata da Leonardo Antonio Olivieri (1736), pittore martinese di notevole talento artistico. Essa è considerata l’epifania dell’Ordine Francescano, in quanto riproduce i santi più illustri dell’Ordine, caratterizzandoli con precisi riferimenti iconografici. Infatti, raffigura a destra Santa Chiara, Santa Lucia e Santa Rosa; sulla sinistra San Carlo Borromeo, San Pasquale Baylon, San Bonaventura da Bagnoregio. Sulla parete destra del presbiterio, all’interno di un riquadro a muro, vi è una scritta che ricorda che qui sono state deposte le ossa di un venerabile servo di Dio; Frate Vito da Martina morto nel 1648, a cui furono attribuiti diversi miracoli.
Continuiamo la visita spostandoci nella navata di destra, che ha conservato tuttora l’impronta medievale, non solo nelle dimensioni, ma soprattutto per i costoloni che definiscono la volta e per alcuni frammenti di affreschi murali. Sulla parete che conduce in sacrestia, si colloca un dipinto settecentesco del Riposo durante la fuga in Egitto con San Felice da Cantalice. Nella nicchia adiacente trova locazione una scultura di San Francesco d’Assisi. Nella terza campata, sempre all’interno di una nicchia a muro, si conserva la statua litica di Sant’Antonio da Padova, realizzata nel 1518 da Stefano da Putignano. Sul basamento si legge distintamente: SANTUS ANTONIUS DE PADUA 1518 / STEPHANUS E POTEIA………ME…CELAVIT, (Sant’Antonio da Padova 1518. Stefano da Putignano scolpiva).
Nelle due campate successive, sui muri si riescono a distinguere alcuni frammenti di affreschi e sinopie, databili nel XVI secolo, con episodi della Vita di Santa Caterina di Alessandria e di San Lorenzo. Sulla parete dell’ultima campata si trova sistemata la tela della Concessione a San Francesco del perdono di Assisi, di autore ignoto del XVIII secolo.

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