Il Carnevale


Giovedì dopo giovedì il Carnevale scandisce le settimane dell’inverno: c’è quello dei monaci, dei preti, dei vedovi, dei cornuti e, infine il più atteso, quello dei pazzi, preludio dei balordi e dei festeggiamenti conclusivi del Martedì Grasso. Come in altri luoghi dell’Italia meridionale, il Carnevale a Martina Franca comincia il 17 gennaio con la festa di Sant'Antonio Abate il protettore degli animali domestici e da reddito. Un detto popolare recita A Sant'Antune mašhere e sune, ossia "A Sant'Antonio mascherate e suoni".

Una storiella popolare racconta di un pastorello che dopo la quinnecjnẹ, un periodo di lavoro durato quindici giorni in una masseria, stava tornando a piedi a casa dalla sua famiglia. Sui suoi passi incontrò un vecchietto che gli chiese dove era diretto. Il pastore gli rispose che sperava di arrivare in tempo, perché la strada era lunga, per festeggiare almeno la domenica di Carnevale con la sua famiglia. Il vecchietto, in realtà Gesù sotto mentite spoglie, impietosito decise di concedere altri due giorni di divertimento, per consentire al giovane pastore di godere più tempo con la famiglia. Nacquero così miracolosamente il lunedì e il martedì di carnevale, per il popolo "i due giorni del pastore". Soprattutto nacque il martedì grasso che divenne la ricorrenza più importante perché chiudeva il lungo periodo di spensieratezza e divertimento prima dei rigori morali e culinari che la Quaresima da lì a poche ore avrebbe imposto.

La prima evidenza documentale del Carnevale a Martina Franca si deve all'arciprete martinese Isidoro Chirulli, vissuto a cavallo tra il '600 e il '700, che nella sua Istoria cronologica della Franca Martina, racconta di una passione del duca Petracone V Caracciolo, duca di Martina Franca dal 1655 al 1704 e artefice dell'avvio dei lavori di edificazione del bellissimo Palazzo Ducale, per il Carnevale, Si legge che nei giorni di Carnevale il duca girovagasse mascherato con un seguito di gente anch'essa mascherata per le vie della città. La folla festante a mano a mano si arricchiva con la presenza dei galantuomini, degli artigiani, dei civili, tutti a loro modo mascherati e che infine arrivavano anche i pastori, che con i loro tipici strumenti musicali riempivano la festa di suoni. Non mancavano giochi collettivi di piazza, come la corsa al pallio, alla papera, con i caroselli e anche balli e feste in case private. Per non far mancare niente al suo popolo, il Duca apriva in quei giorni il teatro di Palazzo dove si svolgevano rappresentazioni. La prima vera e propria sfilata in maschera, il primo carro mascherato, fece la sua apparizione nelle strade di Martina un secolo più tardi, e precisamente nell’anno 1760. Era guidato da Francesco III Caracciolo, futuro duca di Martina dal 1771 al 1794, mascherato da ùssaro ed attorniato da alcuni musicanti, anch’essi mascherati, che suonavano e cantavano acclamati dai martinesi festanti che ne attendevano il passaggio.

Nell’Ottocento e fino agli inizi del 1900 la tradizione del Carnevale si consolidò ulteriormente e coinvolse le piazze del centro come anche le contrade della campagna. Le famiglie agiate organizzavano le feste in maschera nei propri palazzi a cui potevano accedere solo gli invitati e chi fosse accompagnato da un Ambasciatore, cioè una persona conosciuta dalla famiglia che si faceva garante degli amici mascherati che portava al suo seguito, che erano soliti introdursi senza invito nelle feste private passando da un palazzo all’altro. Si festeggiava anche negli jόsere, i locali al piano terreno abitati dal ceto più popolare e nelle contrade di campagna, dove contadini e massari, vivevano più teatralmente lo spirito carnevalesco: si ballava nei grandi ambienti delle masserie al ritmo di chitarre battenti, tamburelli, castagnette, cupa-cupa e triccaballacche, tutti strumenti costruiti artigianalmente per ritmare le danze saltate, che al tempo erano bandite nelle alte sfere della società perchè ritenute poco raffinate. Pizzica-pizzeche e tarantelle facilitavano gli ammiccamenti alle fanciulle normalmente segregate in casa e dedite ai servizi domestici. A tarda sera la festa si concludeva con a cόntradànzẹ o quadriglia, guidata da un méste de ballẹ, ossia un maestro da sala che si esprimeva con un dialetto francesizzato. Ma era il Martedì Grasso il giorno più atteso dal popolo di campagna che era solito inscenare un vero e proprio funerale in onore di Carnevale. U mammόcce d’ Carnièle fatto di paglia e vestito di tutto punto con l’immancabile panciotto era portato in processione per le strade di campagna seguito da uno stuolo di gente afflitta, che seguiva il finto feretro in una divertente messinscena. Un finto medico cercava di rianimare il povero Carnevale fino ad eseguire un intervento chirurgico allo stomaco del fantoccio da cui estraeva una pignatta piena di polpette, salumi e altre cibarie. La festa si concludeva dando fuoco al fantoccio tra urla e schiamazzi.

In tempi recenti il rito del Carnevale se pur ridimensionato nelle usanze ispirate alla tradizione religiosa, persiste con le sue atmosfere di festa, burlone ed oltraggiose, in cui tutto, o quasi, è concesso. Il nome, che deriva da Carnem levare, ossia da “togliere la carne”, si riferisce all’astinenza nel periodo della Quaresima dal mangiare carne per quaranta giorni dal Mercoledì delle Ceneri che segue il Martedì Grasso fino alla Pasqua, tradizione cristiana quasi del tutto scomparsa ai nostri giorni. Ma è proprio nel nostro tempo che prende vita la maschera di Carnevale di Martina Franca: Martənùccə, opera dell’Associazione Culturale TerraMartinae del Castrum Vetus e disegnata da Piero Angelini. La maschera di Martənùccə rievoca le gesta del Santo Martino di Tours, Patrono di Martina Franca, vestito del mantello rosso, che taglia per donarne metà ad un poverello infreddolito, con tanto di spadone da guerriero e sul petto, il giglio, stemma degli Angioini, fondatori del Casale di Martina nel XIV secolo. ll capo è coperto da un elmo con le lunghe corna dei bovini della razza nostrana a sottolineare che il Santo patrono è anche il protettore dei cornuti. Martənùccə negli ultimi anni sfila accompagnato da Francesco III Caracciolo e sua madre Isabella D’Avalos e da un nutrito seguito di dame e cavalieri in abiti settecenteschi rievocando proprio la prima sfilata del Carnevale martinese del 1760.

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