Chiesa di San Vito

La Chiesa di San Vito è considerata fra le più antiche di Martina Franca sorta, con ogni probabilità, all’inizio del XIV secolo in seguito alla fondazione della città da parte di Filippo D’Angiò, lungo la via principale che saliva dalla Porta di San Nicola verso il rione Montedoro. A confermare l’impronta angioina sulla chiesetta si può osservare sul portale ad ogiva dell’antico ingresso principale (largo Ciaia) un giglio stilizzato dei francesi.
La facciata principale è segnata dalle bugne delle pietre e in alto collima con un campanile a vela con tre fornici a tutto sesto. Sicuramente in origine il prospetto doveva essere a falde spioventi, infatti, sulla facciata si intravede chiaramente l’andamento obliquo dei due spioventi prima della sopraelevazione della stessa intorno al XVIII secolo. Infatti, nel Settecento l’edificio fu ristrutturato completamente sia all’interno che all’esterno aprendo un ulteriore varco sul lato più corto (via Mazzini), e dando un’impostazione longitudinale allo spazio interno.
L’interno della chiesa è costituito da un’aula rettangolare con vistosi rifacimenti decorativi in chiave barocca. Sull’altare maggiore domina la statua litica di San Vito con ai piedi il cagnolino. Questa statua fu commissionata da Pietro Simeone, mecenate martinese di grande sensibilità, nel 1779 (l’indicazione è riportata sull’epigrafe alla base della statua), ad uno mastro scalpellino locale, probabilmente Angelo Micheli. Lungo la parete si aprono tre altari a muro di cui due dedicati alla Madonna. Quello centrale è stato realizzato nel 1778, anche questo a spese di Pietro Simeone, come riporta chiaramente il cartiglio e lo stemma collocato sul coronamento dell’altare. Sul lato opposto, a metà parete, sporge una cantoria di legno.
La chiesa è citata nella letteratura della storia di Martina Franca per aver custodito nel 1645 le reliquie di Santa Comasia, santa compatrona della città. Si racconta che durante una solenne processione in cui venivano traslate le reliquie dalla chiesa di San Nicola del Pendino (oggi ridotta a rudere) alla chiesa di San Martino, improvvisamente si abbatté un temporale inaspettato e violento sulla città, cosicché si preferì custodire le reliquie nella chiesa di San Vito per alcuni giorni, aspettando tempi migliori. Da allora Santa Comasia fu associata alla pioggia e invocata e portata in processione in tempi di siccità.

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