Porta di Santo Stefano

L’Arco della Porta di Santo Stefano è l’ingresso trionfale che introduce nell’incantevole centro storico, anticipando con le sue movenze l’estrosità del barocco e del rococò che animano questa città. Si apre nella parte orientale del centro storico a ridosso di Palazzo Ducale. Il suo nome proveniva dalla denominazione antica del luogo fuoriporta detto appunto Santo Stefano, sul quale nel XV secolo furono fondati il convento e la chiesa di Santa Maria delle Grazie. In un secondo momento la chiesa fu dedicata a Sant’Antonio da Padova, cambiando di riflesso anche il nome della porta, che oggi è detta appunto Arco di Sant’Antonio.

L’antica Porta di Santo Stefano era una delle quattro porte di accesso alla città e fu costruita nel XIV secolo, insieme ad una possente cinta muraria, circondata da un fossato e rafforzata da un numero consistente di torri quadrate e rotonde. L’aspetto originario era quello di un’antica porta turrificata che conduceva direttamente nel centro storico attraverso una via principale che si congiungeva alle altre porte di ingresso. La Porta di Santo Stefano fu modificata diverse volte nel corso dei secoli fino ad arrivare alla svolta barocca del 1764, annullando ogni elemento di difesa militare. La data di costruzione è chiaramente riportata sul cartiglio della chiave di volta. Qui l’epigrafe latina, fatta apporre dall’Università, recita così: AERE PUBLICO / A.D. MDCCLXIV (Con denaro pubblico nell’anno del Signore 1764). Anche se il monumento è del Settecento, in realtà nel 1942 l’arco fu smontato completamente e si ricostruirono ex-novo la parte inferiore e il vano interno, preservando solo il fastigio originale.

L’arco a tutto sesto è sorretto da due paraste con capitelli compositi che reggono la trabeazione e un cornicione ben lavorato. In alto spicca la cimasa curvilinea sul cui vertice si erge la scultura di San Martino equestre. Agli angoli della cimasa si elevano due volute attorcigliate come serpentine e schiacciate dai classici fiaccoloni, elementi tipici della decorazione settecentesca di Martina Franca. La statua equestre di San Martino fu collocata sul punto più alto dell’arco, quasi a protezione della città, per ricordare l’intervento miracoloso del santo patrono, quando il 16 giugno del 1529, secondo la leggenda, intervenne con un’immensa cavalleria, e si racconta, anche con Sant’Antonio da Padova, per salvare Martina Franca dall’assedio dei temibili cappelletti, soldati mercenari, capitanati da Fabrizio Marramaldo.

Sotto l’arco, sulla parete di destra, c’è una lapide in memoria della visita di San Giovanni Paolo II nel 1989; mentre di fronte, sulla parete di sinistra, c’è un’altra lapide che celebra la ricorrenza dei Settecento anni della rifondazione della città, avvenuta il 12 agosto del 1310 per merito del re Filippo I d’Angiò.

Una volta varcata la porta, si apre il centro storico con scenari urbanistici di grande impatto scenografico che dominano il corso principale, via Vittorio Emanuele, volgarmente detto Ringo (in dialetto u’ring). Il termine Ringo, secondo alcuni storici, deriva dal latino medievale ruga e significa via, o meglio solco di confine fra i territori di Monopoli e di Taranto, che nel XIV costituirono l’area di sviluppo di Martina. Secondo altri storici, il termine Ringo è di origine longobarda è significa anello o meglio luogo di riunione che si svolgeva all’interno del Palazzo dell’Università, in fondo all’attuale via Vittorio Emanuele, detta per questo motivo via del Ringo. A prescindere dalla vera interpretazione, sta di fatto che la passeggiata lungo il Ringo permette di scoprire un centro storico fantasioso ed esuberante in cui le movenze barocche si sono fuse con quelle rococò in una perfetta sinfonia architettonica.

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